WFH 2014: un report del congresso mondiale tenutosi quest’anno in Australia a cura di Stefania Farace.
Il congresso mondiale della World Federation of Hemophilia quest’anno si è tenuto in Australia, a Melbourne.
Occasione di apprendimento e di importanti incontri, esso ha avuto inizio domenica 11 maggio e si è concluso con la consueta cena di gala la sera del giovedì successivo presso il Melbourne Convention and Exhibition Centre.
Attraverso le presentazioni dei diversi relatori divisi in sessioni plenarie e non, c’è stata la possibilità di avere informazioni a 360° sul mondo dell’emofilia.
Negli ultimi mesi in Italia è partito il progetto FedEmo “Finestra rosa“, con il quale si è voluta riportare l’attenzione sul vissuto delle donne in quanto compagne, madri, figlie o sorelle di emofilici.
Così come in Italia, però, progetti simili ci sono anche in altri paesi ed è di questo che ha parlato Megan Adediran, madre di un bambino emofilico, che si è impegnata a sostenere le altre portatrici sane nel suo paese, la Nigeria. La prima sfida che si è presenta per queste donne è quella di conoscere il proprio stato di portatrice e, successivamente, di accettarlo. Diversi sono i timori da affrontare a quel punto:
- paura di non riuscire a sposarsi,
- rischio di divorzio nel caso in cui si scopra di esser portatrici dopo il matrimonio,
- perdita del lavoro per l’alto numero di assenze necessarie per accompagnare il proprio figlio in ospedale.
Altro ostacolo importante è il rapporto madre-figlia. Molto spesso ci sono attriti tra le portatrici sane e le loro figlie. Questi problemi nascono innanzitutto dalle maggiori attenzioni che vengono rivolte al fratello emofilico, ma, nel caso in cui le ragazze siano portatrici a loro volta, la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che ritengono la madre responsabile della propria condizione. E’ importante, invece, capire che le donne possono fare la differenza e Megan si impegna assiduamente per aiutarle a comprenderlo.
Questo intervento può essere inserito in una cornice più ampia e cioè quella della qualità di vita.
Angela Lambing ha affrontato il problema dal punto di vista degli adolescenti e dei giovani adulti con un grado di emofilia grave o moderato. In particolare la dott.ssa Lambing ha sottolineato quanto sia importante per i pazienti esser considerati individualmente sotto diversi profili: la personale percezione del dolore, i sistemi di supporto… Infatti i metodi di trattamento per il dolore sono e devono essere diversi per ciascun paziente ed è necessario che gli studi futuri prendano in considerazione la sua età, gli effetti sulla sua vita quotidiana, la depressione e l’aderenza al trattamento.
Parlando di terapia, ciò che subito ci viene in mente è la profilassi.
Tutti conosciamo i suoi benefici ed è ormai chiaro che essa debba esser “tagliata su misura”: non tutti necessitano delle medesime dosi di prodotto, considerando soprattutto il diverso stile di vita di ogni paziente.
La più costosa complicazione nel trattamento dell’emofilia è data dagli inibitori che prima degli anni ’40 non erano affatto conosciuti. Essi sono determinati da fattori genetici ed ambientali e la loro gravità è data dal tipo di mutazione presente e dalla sua posizione (ad es.: soltanto il 24% dei casi di inversione dell’intrione 22 porta allo sviluppo di inibitori). Altre variabili genetiche associate sono: la storia familiare, l’etnia (maggiore incidenza nei caucasici), il polimorfismo del FVIII e dei geni predisposti alla risposta immunitaria. Il prossimo passo è, quindi, identificare quali soggetti siano esposti ad un rischio maggiore ed eliminare i fattori ambientali che concorrono ad aumentare tale rischio.
Un ulteriore tema di grande interesse in ambito internazionale è, poi, la leadership. La sua importanza risiede specialmente nel valutare e coltivare i futuri leader, tenendo conto del fatto che non tutti desiderano ricoprire questo ruolo per diversi motivi (troppi impegni, la sensazione di non esser abbastanza qualificati, scarso interesse, …). In effetti tutte le organizzazioni dovrebbero muoversi in modo da evitare i rischi connessi ad un cambio non programmato del leader.
Preparare i giovani in tal senso si può tradurre in un continuo processo di selezione e formazione attraverso dei workshop da svolgersi nel corso del weekend.
Gli obiettivi:
- comprendere cosa comporta il ruolo di leader,
- comprendere il ruolo della propria organizzazione,
- preparare un sistema e delle procedure per il trasferimento delle conoscenze,
- identificare i giovani più motivati,
- creare una connessione tra questi giovani,
- incrementare il loro apprezzamento verso il lavoro e le attività della propria organizzazione,
- coinvolgerli sempre più nelle suddette attività.
Di fondamentale importanza è, però, imparare come reclutare, formare e mobilitare i giovani e come coinvolgerli anche attraverso i social media. “Factored in”, il sito dell’Haemophilia Foundation Australia dedicato ai giovani, risulta esserne un esempio molto carino.
A cura di Stefania Farace