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Inibitore: cos’è e perché si sviluppa

Inibitore: cos’è e perché si sviluppa

INFORMAZIONI CLINICHE

L’inibitore dei fattori della coagulazione appartiene alla famiglia degli anticorpi, le proteine che circolano nel nostro corpo per combattere le infezioni, tuttavia non svolge un ruolo positivo bensì uno “controproducente”: nei casi, infatti, in cui viene prodotto dall’organismo in seguito alla somministrazione dei concentrati di fattore VIII e IX ne neutralizza l’attività coagulante. Esso rappresenta la più grave complicanza del trattamento dell’emofilia, che può insorgere anche solo per un breve periodo di tempo ma in non pochi casi condiziona a lungo il decorso della malattia. 

Il periodo durante il quale il rischio di sviluppare questo anticorpo è più alto coincide con quello di inizio del trattamento del bambino emofilico, approssimativamente tra l’anno e mezzo ed i tre anni di vita.

Si ritiene, infatti, che il rischio maggiore si abbia entro le prime 75 infusioni di concentrato, con un picco tra le 10 e le 20 somministrazioni, sebbene esso non si azzeri mai nel corso della vita ed, anzi, ritorni ad essere alto intorno ai 60 anni. 

È importante tenere presente il rischio, in pazienti affetti da emofilia B che sviluppano l’inibitore, dello sviluppo di una reazione di anafilassi nel caso in cui essi continuino ad infondersi con il medesimo concentrato. Per questo motivo, soprattutto durante le prime infusioni, il paziente con emofilia B dovrebbe trattarsi in un ambiente protetto, preferibilmente sotto controllo medico.

L’incidenza di sviluppo di inibitore è stimata attorno al 30% dei casi di emofilia A e al 1-6% di emofilia B, con un rischio maggiore nelle forme gravi di emofilia, rispetto alle moderate e alle lievi. 

Secondo l’ultimo rapporto italiano del Registro Nazionale delle Coagulopatie Congenite, il numero di pazienti emofilici per i quali è stata segnalata la presenza di inibitore nell’anno di rilevazione (2017) ammonta a 135. La quasi totalità di essi è rappresentata da soggetti con emofilia A grave (85,2%) mentre una percentuale minore (7.4%) riguarda soggetti con emofilia B. 

Per quanto riguarda la distribuzione per età, circa la metà dei pazienti con inibitore in Italia ha meno di 18 anni (e, tra questi, la maggioranza sono bambini di età inferiore ai 10 anni).

Gli studi volti a individuare il perché il nostro corpo produca tali molecole hanno individuato la ragione principale nella presenza di specifiche mutazioni genetiche. Infatti, possedere una storia di inibitore in famiglia rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di esso. Anche l’utilizzo di alte dosi di fattore coagulante per un periodo prolungato (ad esempio all’inizio del trattamento, o per sottoporsi a chirurgia o trattare una grave emorragia) può incrementare il rischio di sviluppare l’inibitore, mentre l’esecuzione di una profilassi regolare pare lo riduca. Non è ancora stabilito, invece, se il tipo di concentrato (ricombinante o plasma derivato) possa giocare un ruolo nello sviluppo dell’anticorpo. 

 

Fonti