Nonostante l’emofilia, è il titolo dell’intervento di Andrea Buzzi, Fondazione Paracelso, in occasione della XI Giornata Mondiale dell’Emofilia.
L’intervento di Andrea Buzzi, Fondazione Paracelso
La composizione del benessere per una persona portatrice di una patologia cronica passa attraverso molteplici elementi. Centri specialistici, assistenza clinica e terapie sono condizioni ovviamente necessarie ma quasi mai sufficienti.
Da questo punto di vista l’emofilia è un caso esemplare: i progressi scientifici e farmacologici degli ultimi decenni hanno portato un enorme incremento nella qualità di vita dei pazienti, che tuttavia non sempre si riflette in eguale misura sulla serenità con cui le persone che ne sono affette e ancor più i genitori dei piccoli affrontano la malattia. Timori e preoccupazioni per il futuro sono tuttora una presenza ingombrante che rischia di improntare le scelte in misura più riduttiva di quanto concesso dal buon controllo clinico dell’emofilia che oggi si può ottenere. Ma proprio alla luce dell’oggettivo miglioramento nella vita degli emofilici si è rafforzata l’aspettativa di una vita “normale” e l’insofferenza per prescrizioni e limitazioni.
Nuove possibilità e nuove questioni sono così apparse sulla scena. Fra queste la pratica di attività sportive, che per la non sempre facile valutazione dei rischi e dei benefici, per l’opportunità di socialità e integrazione, per la rivalsa simbolica su una malattia ancora (forse per poco) inguaribile ma non più invalidante e per il potenziale benessere psicofisico derivante ben rappresentano il nuovo orizzonte con cui tutti noi, genitori, medici, pazienti, istituzioni e autorità regolatorie, dobbiamo misurarci: un’occasione forse anche per ridefinire il nostro rapporto con l’emofilia nella sua dimensione individuale, familiare e sociale.
Nei primi anni ’70 del secolo scorso, quando cominciavano a essere disponibili i concentrati di fattore VIII e IX, la Fondazione dell’Emofilia, l’organizzazione che allora comprendeva tanto la comunità dei pazienti quanto quella dei medici, pubblicò una serie di manualetti contenenti informazioni e indicazioni pratiche. In uno di essi era contenuta la frase: Una giornata felice val bene un piccolo ematoma. Credo che questo principio di ragionevolezza valga ancora oggi, quando i rischi e le conseguenze di un trauma sono apprezzabilmente ridotti.