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Fragili, ma forti –  Report del primo incontro 2023

Fragili, ma forti – Report del primo incontro 2023

 

 

FRAGILI, MA FORTI

27 maggio 2023, report dell’incontro

Comunicare i propri sentimenti ed emozioni è di grande importanza, significa prendere coscienza della nostra fragilità e delle nostre risorse; ma non sempre è facile; può essere difficile per svariati motivi: educativi, per cui manifestare i sentimenti è considerato segno di debolezza; difensivi, si cerca di non far riaffiorare il dolore di un trauma, cercando di seppellirlo dentro di noi. L’ambiente è determinante, può essere percepito come incapace di comprendere, quindi scatta la paura di non essere capiti, di essere rifiutati o banalizzati.

Essere consapevoli dei propri sentimenti profondi richiede coraggio, impegno è frutto di un cammino di consapevolezza, ma il primo passo è considerare la comunicazione del proprio “sentire” come un atto di coraggio e non di debolezza.

Reprimere continuamente i propri sentimenti non è salutare, perché i sentimenti repressi si trasformano facilmente in aggressività e/o depressione, oppure le emozioni represse, bloccate, trattenute finiscono nel corpo, possono creare dei veri e propri danni alla nostra salute. Possono andare nella gola, oppure possono finire nello stomaco, nell’intestino, nella schiena; ognuno di noi è diverso e trattiene nel suo punto più debole.

Dare voce ai sentimenti che si vivono è un atto liberatorio, di qualunque cosa si tratti: una risposta non data, un medico che ci tratta con superficialità, un litigio evitato.  Recuperare le parole non dette permette a qualunque relazione di migliorare, anche se talvolta il miglioramento comporta la chiusura del rapporto.

Comunicare i propri stati d’animo ci rende vulnerabili, per questo è importante l’ambiente o il contesto in cui avviene la condivisione; è fondamentale avere delle persone che sanno ascoltare in modo empatico che sanno accogliere, comprendere, senza giudizi o critiche.

Abbiamo provato a cercare le parole legate ai sentimenti di paura, rabbia, orgoglio, tristezza, gioia, felicità, non solo legate all’emofilia, che comunque rimane come filo conduttore del nostro incontro.

Ci siamo domandate: “Quando arriva la paura come mi sento, cosa faccio, quali parole non riesco ad esprimere”?

E così per le altre emozioni

L’esplorazione di questi sentimenti ha fatto emergere in modo genuino le difficoltà , ma ha permesso  di prendere maggiore coscienza di noi stesse; l’insieme delle  parole  espresse restituisce un caleidoscopio di sentimenti e idee così ricco che può raccontare in profondità l’esperienza che ciascuna di noi sta vivendo

“La paura mi fa sentire impotente, ma non mi soffermo molto: le situazioni vanno affrontate. Spesso c’è tanta rabbia, ma tutto si concretizza nel fare, e quando la paura è forte non ci sono parole per esprimerla. Non si tratta solo di emofilia ci sono dei problemi molto più gravi e la paura è proprio quella di sentirsi dire che non c’è più niente da fare.

La tristezza arriva quando mi sveglio e devo affrontare tutta la giornata;

le parole della tristezza non riesco ad esprimerle, ho proprio un blocco nell’esprimere i miei sentimenti.

La gioia di mia figlia, per un evento della sua vita, mi ha fatto bene al cuore, certo è stata limitata a quella giornata, poi si riparte con la pesantezza di tutti i giorni.

In realtà non mi sembra giusto essere felici per un evento, quando nel cuore c’è una profonda tristezza.”

“C’è stato un periodo fino a febbraio dove non facevo entrare nessun tipo di emozione ero completamente bloccata, vedevo invece mio marito preoccupato soffriva e non lo capivo, non capivo perché soffrisse diciamo per un lungo periodo mi sono anestetizzata, era il modo per proteggermi.”

“La paura arriva quando ti danno una brutta notizia e non vedi la soluzione, quando rimani nell’incertezza di una diagnosi, ma ci sono tante situazioni dove io ho paura, l’esperienza mi ha insegnato che ho bisogno di calmarmi, di chiedermi: “Perché ho paura?” Allora cerco una soluzione, non è detto che sia una soluzione definitiva, ma vedere una possibilità mi calma e passo dopo passo, vado avanti. Anche nelle situazioni peggiori riesco a trovare una strada, una via d’uscita: questo è il mio pensiero, ma anche la mia esperienza; cerco di vedere la luce anche quando non c’è, ma continuo a sperare che la luce appaia.”

“Per gestire la rabbia ho bisogno di un qualcosa di fisico, una corsa, fare tai chi, qualcosa che mi impegni fisicamente. Spesso la paura arriva dall’incertezza del futuro e poi genera pensieri negativi. Mi arrivano tante emozioni insieme, la paura, la tristezza, la rabbia spesso si accavallano in certi momenti anche scrivere mi serve, però poi butto via e come se buttare via fosse allontanare e gridare: “Basta non voglio più stare in questa situazione”.  Buttare via quello che ho scritto è proprio una forma di liberazione. Spesso le emozioni di paura, tristezza portano a chiudersi come se si volesse creare una corazza per non sentire e proteggersi.”

“Inizialmente la paura la ignoro non riesco assolutamente a vederla quando riesco a intravederla do inizio alla giornata del vaffa day. Poi c’è la condivisione, quello è l’aiuto più prezioso“.

“Ho fatto tanta fatica a nominare queste emozioni, per tanto tempo non me lo sono permessa, la condivisione mi ha aiuta tanto a poterle esprimere.

La condivisione mi permette di contattare queste emozioni faticose, dolorose, mi permette di contattarle mi restituisce un senso e un significato. Fino ad ora ho reagito con una sorta di repellenza riguardo a queste emozioni, senza chiedermi, senza indagare, senza andare a fondo. Non ho le energie per mandare avanti l’ordinario e per soffermarmi sul mio sentire, la rabbia è l’emozione più forte in questo momento per quello che sto vivendo, e mi dispiace che spesso la butto sui miei figli, non è giusto, sarebbe meglio sfogarla fisicamente sì, sarebbe meglio, ma non ci riesco.

Mi sfogo con le amiche, con quelle che mi sanno ascoltare per le tristezze, le rabbie che provo; anche la gioia e la felicità, faccio fatica a manifestarle, perché c’è sempre un po’ di scaramanzia:” Quanto durerà, nel momento in cui la esprimo è già passata”. Tanti pensieri, che bloccano l’espressione di questi sentimenti.”

“Per me la paura diventa quasi immediatamente angoscia, quando si presenta qualcosa di sconosciuto che cambia completamente gli scenari, non so da dove iniziare, mi disoriento e la paura diventa angoscia e con l’angoscia c’è la paralisi.

L’ultima esperienza di 6/7 mesi fa, è stata una situazione che mi ha totalmente schiacciata annientata, è come se fossi stata presa da un meteorite. Quando attraversi questi momenti così impegnativi e riesci a sollevarti, a trovare una strada il risultato è riuscire ad apprezzare profondamente il quotidiano e tutte le bellezze che fanno parte del quotidiano tutto quello che può sembrare ordinario diventa straordinario.”

“Quando esce fuori la rabbia, viene con molta irruenza, e mi chiudo a riccio, poi riesco a elaborare quello che vivo, però mi ci vuole tempo, mi ci vuole impegno, in un primo momento mi chiudo e metto un muro di fronte alla rabbia, alla paura, alla tristezza, escludo tutti, non riesco minimamente ad esprimermi, mi chiudo e mi paralizzo.

La rabbia riesco ad esprimerla chiudendomi in camera e tirando fuori parole impronunciabili, per la paura invece mi chiudo a riccio. “

Due persone del gruppo raccontano della grande difficoltà che hanno avuto a pronunciare le parole legate ai sentimenti, e di come l’essersi incontrate ha permesso un’apertura un proficuo dialogo a due, sono riuscite a dirsi quello che non riuscivano a esprimere, che non veniva compreso, la parola emofilia non si poteva pronunciare, perché voleva dire epatite C siero positività, è proprio questo che ha creato tanti tabu, tanti silenzi e omissioni; queste due persone si sono trovate da sole sul territorio nazionale a comunicare emozioni che potevano essere condivise solo tra loro due.

“ c’è un prima e un dopo nell’emofilia, in questo senso ho vissuto il prima, appartengo alla vecchia generazione, ma già con il progetto “Finestra Rosa” iniziato nel 2013, c’è stata un’apertura.
Le comunicazioni sono molto cambiate, c’è la possibilità di dire parole che prima rimanevano nel chiuso del proprio cuore della propria mente.”

“Esprimo un grande piacere ad essere qui con le giovani mamme che vivono sicuramente un’esperienza completamente diversa rispetto a quella che ho vissuto; ci tengono tanto a questo progetto, perché offre la possibilità di esprimere sentimenti che per tanto tempo sono rimasti nel dialogo a due.

Questi incontri sono proprio un voler dare una apertura, una possibilità per potersi raccontare senza giudizi, critiche, in una condivisione intima e profonda. “

“Si, in questi incontri io mi sento molto più libera e mi sento molto più in contatto con tutti voi ,anche se non ci vediamo spessissimo, è per questo che amo partecipare a questi incontri che sono veramente utili e ti fanno stare bene. Dopo ogni incontro la sera io mi sento bene, mi sento in pace con me stessa anche a Finestra Rosa ho sempre partecipato. A volte vengono fuori dei vissuti pesanti, però ti arricchiscono.”

“Condivido la chiusura a riccio, che è stata espressa, in tutti i sentimenti io mi chiudo, mi isolo, non voglio reagire, perchè si deve reagire?

Però vivo in contrasto fra quello che vorrei, cioè chiudermi, e l’essere qui; partecipare mi da entusiasmo e nello stesso tempo amarezza, è il contrasto dei sentimenti che spesso mi paralizza. Quando arrivano le brutte notizie anch’io mi chiudo a riccio e non voglio parlarne perché parlarne vuol dire entrare in contatto con il dolore, se non ne parlo e non lo prendo in considerazione in qualche modo lo allontano.”

“Ho letto un libro di un filosofo coreano Byung-Chul Han, “La società senza dolore.”

l’ho trovato splendido; noi viviamo in una società dove il dolore non è contemplato tutto deve brillare, tutto deve essere perfetto e noi dobbiamo essere sempre al top, questo porta ad una anestesia generale.

Io insegno e vi posso garantire che ci sono tantissimi ragazzi che non hanno assolutamente la capacità di riconoscere i sentimenti non sanno cos’è la gioia e il dolore, non sanno cos’è la rabbia, andando tutti a 300 all’ora, non riusciamo a contattare il dolore e ci lasciamo scivolare via anche la gioia.

l’autore ci ricorda di non aver paura del dolore e di non vedere il dolore come segno di debolezza e di fragilità e sottolinea che la felicità è necessariamente intrecciata e accompagnata dal dolore, se evitiamo il dolore evitiamo e diventiamo insensibili anche alla felicità.

Non dovremmo ridurre in dati la sofferenza e la malattia: il dolore imporrebbe piuttosto di essere narrato.”

“Anch’io mi rendo conto di avere difficoltà a trovare le parole per esprimere i sentimenti perché mi sembra che andando troppo dalla parte emotiva mi allontano dalla lucidità e ho paura di perdermi.

Questi percorsi sono importanti perché riusciamo a tenerci per mano a darci forza nel percorrere la strada del quotidiano, ci sentiamo liberi di esprimerci come non riusciamo a fare con nessun altro.

Purtroppo non riesco a trovare un modo per coinvolgere altre persone perché davvero ce ne sono tante che avrebbero bisogno, e non si rendono conto di quanto valore e di quanto aiuto potrebbero trovare all’interno di questo gruppo; vorrei essere così brava per farglielo capire, perché davvero dopo questi incontri ci si sente meglio. Questi gruppi di condivisione, di ascolto sono fondamentali ci sono tante emozioni represse anche nelle giovani madri, anche se la ricerca medica ha fatto passi da giganti,  rimane il peso di tutte le situazioni faticose che abbiamo dovuto affrontare ed è come se portassimo dietro dei fardelli che se non vengono condivisi se non trovano le parole rischiano di appesantire la nostra vita; anche quando le situazioni d’urgenza si sono allontanate, poter esprimere quello che abbiamo vissuto ci permette nuove visioni per il futuro; l’ascolto e la condivisione sono momenti fondamentali nel nostro percorso di vita.